“L’astuzia perfetta e vincolante / di quest’isola su cui solo t’invoco / ombra di un’ombra morte di una morte”, grida metricamente Giovanni, nel compimento mistico della sua esperienza terrena formalizzato dall’autrice in una forma scabra, dove la spezzatura del ritmo è lo spasimo di una sequela, di un percorso ben oltre la conoscenza. Da noi in pochi ma eccelsi casi si è verificato un incontro tra il verso e la ricerca spirituale – e forse quella di Testori è su tutte l’esperienza più sconvolgente. Dell’autore di Interrogatorio a Maria la Allegrini riprende – segno o piuttosto bagliore di una difficile tradizione nazionale? – la consistenza fortemente materica della scena, arida di deserti geografici e d’anima, imponendovi trafitture lancinanti tutte personali, come nella mirabile invocazione di Giovanni all’omonimo Precursore: “mio riflesso / mio nome, scorpione occulto, insonne / bilanciere tra il veleno e la fiamma / dentro il fulgore del sole c’è la neve”.
Di amabile e al contempo drammatica lettura, Patmos riscopre la religiosità di una parola confitta nel cuore palpitante della Storia, dove mistero e miracolo possono sgorgare ancora, anche davanti a opacizzati occhi contemporanei. E fa piacere sottolineare come nel tempo di uno pseudo-poetico panorama di massa – così ridondante di narcisismi futili – una voce femminile italiana vibri con la potenza del vero sentire – dimentica di sé, tesa all’ascolto di “tramonti che sigillano o spalancano visioni”.
Marco Tornar
Pina Allegrini
PATMOS
Noubs, 2009
pp. 64, Euro 10,00
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