mercoledì 30 maggio 2012

Recensione: E DONNE INFREDDOLITE NEGLI SCIALLI di Cristina Mosca


Davvero felice l’impostazione grafica. Ho visto il libro su uno scaffale e sono stato subito incuriosito dal titolo e dall’efficacia dell’immagine di copertina. Ma è solo l’inizio: il libro di Cristina Mosca è coinvolgente, lo stile è asciutto, il linguaggio fluido, molto corretto, elegante anche quando si lascia andare a qualche localismo. I primi due capitoli, con leggerezza, delineano la condizione di Sara, la protagonista: una ragazza in attesa della vita, con ritrosie e aperture tipiche di chi è ancora alla ricerca di se stessa. La notizia improvvisa della morte di due amiche segna il punto di non ritorno: il  lettore si fa più attento, legge con maggiore velocità, sente che il processo di formazione non può che svolgersi ora, pagina dopo pagina.
Ed ecco Sara al suo primo servizio, con la goffaggine, l’ansia di chi inizia un percorso non conosciuto, ma anche la determinazione di chi sa di voler emergere, avverte che c’è un’occasione da cogliere. E poi c’è Lorenzo, l’operatore, il ragazzo per il quale Sara avverte strani turbamenti. I due hanno caratteri apparentemente non conciliabili, Lorenzo ha nella testa e forse nel cuore Emilia, Sara oscilla tra l’incertezza della principiante e la forte volontà di una donna decisa a emergere.
Non è opportuno raccontare la trama, certo, ma vorrei segnalare la forza e l’incisività del capitolo ottavo e del capitolo decimo, con i ritratti psicologici di Mara e di Matteo. Attraverso il rapporto con i luoghi e le cose il personaggio si svela al lettore nei suoi moti più intimi. Folgorante, poi, il finale del capitolo decimo: “Quanto è facile morire?”.
Il tutto con la colonna sonora di canzoni e gruppi musicali che evocano tempi, luoghi e  atmosfere. Spesso, poi, si avverte il respiro della poesia, come ad esempio nella prima parte del capitolo diciotto, in cui sembra di scorgere l’incanto di un meraviglioso incontro tra la montagna, il fiume e il mare. C’è poi un’altra sorpresa: se si leggono di seguito i capitoli dispari, fino al diciannovesimo, si scopre quasi un libro nel libro. Ma questa è un’altra storia e va lasciata alla curiosità del lettore.


Giancarlo Giuliani



Cristina Mosca
E donne infreddolite negli scialli
Schena Editore, Brindisi 2007
Pagg. 144 - Euro 12,00


sabato 26 maggio 2012

Recensioni a 2 edizioni di IkonaLiber


Jean de La Fontaine / Emilio De Marchi
TROIS FABLES
IkonaLíber, Francavilla al Mare-Roma, 2012

Dante Alighieri / George Gordon Byron
FRANCESCA DA RIMINI
IkonaLíber, Francavilla al Mare-Roma, 2012


   A proposito di bibliofilia: la casa editrice IkonaLíber — nata quest’anno in concomitanza col venticinquennale d’attività dello Studio Grafico Ikona con sedi a Francavilla al Mare e Roma — dopo aver inaugurato le sue pubblicazioni con due collane di libri elettronici (“Le forme del linguaggio” e “Movimenti del suono”), propone ora una terza collana molto particolare.
   Quasi a totale contrasto con la produzione di e-books, si tratta qui di piccole plaquettes in pochi esemplari numerati, realizzate artigianalmente su carta pregiata e ulteriormente impreziosite, oltre che dalla grafica elegantissima, da fotografie originali anch’esse in tiratura limitata. Peculiarità dei testi: l’essere traduzioni “d’autore” di classici di diverse epoche (donde il nome della collana: “Janus”).
   I primi due lavori editi in questa collana sono Trois fables di Jean de La Fontaine tradotte da Emilio De Marchi, e Francesca da Rimini, traduzione di George Gordon Byron dell’episodio del V Canto dell’Inferno dantesco. Entrambe le plaquettes sono in 35 esemplari con una foto originale di Fabrizio M. Rossi.
   La traduzione del frammento dantesco, realizzata da Byron nel 1820, è probabilmente una delle traduzioni poetiche più vicine alla perfezione della storia della Letteratura, e non solo dal punto di vista tecnico. In terza rima come nell’originale, i versi tradotti praticamente in maniera letterale, e tuttavia con un ritmo poetico (byroniano) che si sovrappone seppure in maniera molto discreta a quello dantesco: potrebbe essere studiata come un manuale della traduzione, considerando oltretutto la profonda diversità fonica e grammaticale dell’inglese e dell’italiano.
   La traduzione di tre favole di La Fontaine fatta da Emilio De Marchi (l’autore di Demetrio Pianelli) percorre invece una strada opposta e complementare a quella di Byron: per essere in grado di giocare con coerenza il gioco dell’autore, il traduttore “tradisce” a volte la lettera del testo, a favore di un equivalente linguistico e poetico che salvaguardi il senso profondo dell’originale (straordinaria, in particolare, la resa de L’uomo e la sua immagine).
   Nel panorama dell’editoria italiana, il riferimento d’obbligo per questa collana di IkonaLíber è sicuramente Pulcinoelefante, la casa editrice di Alberto Casiraghi che pubblica una plaquette quasi ogni giorno, ancora con la stampa a caratteri mobili. Pochissimi esemplari peraltro fuori commercio: un mito per i bibliofili. Auguriamo a IkonaLíber la stessa fortuna per un’iniziativa che afferma in maniera sublime la fede nella qualità e nel valore insostituibile della carta stampata, in un’epoca che sembra tendere invece a volerla svilire a tutti i costi.

Sandro Naglia

mercoledì 16 maggio 2012

Recensione: GIUSEPPE CAPOGRASSI di Vincenzo Lattanzi (Edizioni Solfanelli)

Trovo molto bello il libro di Vincenzo Lattanzi. L’incipit è assai felice, dà il tono che sarà proprio di tutta l’opera, elimina subito nel lettore il senso di “freddezza” che si ha di solito all’approccio con una biografia. Lattanzi scrive con amore, si sente in ogni parola, eppure non abdica all’obiettività, offre un ricco e convincente apparato di note, prezioso per chi voglia conoscere meglio Capograssi, uomo di grande talento, troppo spesso non adeguatamente considerato (Lattanzi sottolinea con amarezza la sottovalutazione operata da Garin , pur indicandone correttamente le probabili ragioni).
Lo stile dello scrittore è brillante, ricco senza essere stucchevole, denso di impliciti richiami a una profonda cultura personale, pieno di sensibilità e rispetto, sia per il lettore, sia per le persone di cui parla. Con pochi e incisivi tratti delinea lo sfondo storico-sociale di ognuno dei momenti topici della vita di Capograssi, sottolineando come già da giovane il filosofo (ci si perdoni questo termine limitante, forse, ma che ci pare essere la vera sostanza dell’attività di Capograssi. Mai le sue posizioni hanno il peso dell’assertività, c’è sempre un tentativo di risalire alle cause, di prevedere gli effetti, di sentirsi parte di un tutto) mostrasse tutto il suo potenziale talento, nutrito di cultura umanistica, affezionato a quel Vico che sarà sempre il suo riferimento primario, attentissimo, però, alla realtà, all’applicazione pratica, alla vita di tutti i giorni. Mai così felicemente s’incontrarono letteratura, filosofia e diritto! Partito da uno storicismo di matrice crociana, mostra subito la sua originalità quando si distacca da D’Annunzio, mantenendo saldo il suo tendere al bene comune, caratteristica che lo accompagnerà per tutta la vita.

Allo stesso modo, nella tesi di laurea, rifiuta la tendenza “metafisica” ancora evidente in Orlando e sente in modo evidente la necessità di salvaguardare l’esperienza comune, la civiltà giuridica, il bene dell’individuo. Per tutta la vita continuerà a perseguire questo ideale che nulla ha di astratto, ma si nutre dell’esperienza, in una parola della vita, pur mantenendo saldi i principi del rispetto delle istituzioni, della tendenza all’ordinato e corretto vivere civile. Molto interessanti sono anche le pagine dedicate all’analisi delle motivazioni che spinsero Capograssi a giurare fedeltà al regime fascista. Lattanzi ci restituisce l’uomo, con i suoi dubbi, le sue incertezze, i suoi errori, ma anche la sua tempra, il suo amore per la vita e per la conoscenza. Non è certo compito di una recensione raccontare un libro, occorre solo, a parere di chi scrive, dare il senso dell’emozione che si è provata. Non conoscevo Capograssi se non di nome e per piccole note. Da questo libro ho imparato ad amarlo.

Giancarlo Giuliani


Vincenzo Lattanzi
GIUSEPPE CAPOGRASSI
I sentieri dell’uomo comune
Profilo critico e biografico

Presentazione di Francesco Mercadante
Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-7497-742-0]
Pagg. 112 - € 9,00


giovedì 3 maggio 2012

Salotto Culturale Semprevivo: RECITAL "INCANTI" di Marco Tabellione (Venerdì 4 maggio, ore 18:00)

Salotto Culturale Semprevivo
Corso Marrucino n. 33 - CHIETI

RECITAL "INCANTI"
di Marco Tabellione

con immagini e musica

Venerdì, 4 Maggio, ore 18:00


La caratteristica principale della performance è l’utilizzo di basi musicali, che non coprono l’intero arco del recital. La musica, oltre a creare l’atmosfera e aiutare il pubblico a concentrarsi, diventa parte integrante delle poesie, anche perché molte di esse furono da composte ascoltando musica.


BIO-BIBLIOGRAFIA

Marco Tabellione è nato nel 1965 a Musellaro; si è laureato in Lettere moderne all'Università "G. D'Annunzio" di Chieti, con una tesi sulle avanguardie poetiche degli anni Sessanta, discussa insieme al professore e poeta Alfredo Giuliani. In seguito ha conseguito il diploma di specializzazione al corso di Giornalismo e comunicazioni di massa presso la LUISS di Roma. È sposato e ha due figli. È stato vincitore a Perugia nel 1990 del premio di poesia intitolato a Sandro Penna, nel 1998 ha vinto il premio “Giovani autori” curato dalla Fondazione Caripe di Pescara, mentre nel 1999 è risultato primo al premio “Palazzo Grosso” di Riva presso Chieri (Torino) con il volume di poesie "Incanti". Nel 2003 con la raccolta "Tra cielo e mare" è stato designato tra i vincitori del concorso “Adottiamo uno scrittore” indetto dalla provincia di Pescara, e nel 2004 si è classificato secondo al premio abruzzese Sant’Egidio indetto dalla cooperativa Tracce di Pescara. Per le edizioni Tracce di Pescara ha pubblicato nel 1995 la raccolta di poesie "Gli uni e gli altri bui" e il saggio sul giornalismo televisivo "L’immagine che uccide". Nel 1998 è stata pubblicata la sua terza raccolta di poesie "InCanti", sempre per le edizioni Tracce, mentre nel 2000 le edizioni Samizdat di Pescara hanno curato l’edizione della quarta raccolta di versi, "L’alba e l’ala". Nel 2001 è uscito il suo primo romanzo "Il riso dell’angelo" per le edizioni Tracce, mentre risale all’anno 2002 il saggio di letteratura "La cura dell’attimo" edito da Samizdat di Pescara. Nel 2003 è uscita l’ultima raccolta di poesie intitolata "Tra cielo e mare" e pubblicata anch’essa da Tracce. Nel 2009 pubblica il suo secondo romanzo "L’isola delle crisalidi" per le edizioni Runde Taarn di Modena.

mercoledì 2 maggio 2012

Recensione: STORIE DI LETTERE di Sabatino Ciocca


Nel libro di Sabatino Ciocca ben ravvisa Sciarra una ricostruzione dell’epoca, dello stile, del costume, della fraseologia, che conduce a “sviluppi verosimili”, “un’aderenza alla vitalità sana e concreta della cultura popolare che non ha perso i contatti con l’autenticità della vita”. Così come Farias accenna all’ironia come “un’assunzione umile della vita con le sue debolezze”. Più che “bozzetti” queste belle Storie di Lettere sono siparietti del passato scandenti quel grande spettacolo di teatro che è il tempo. Episodi delle vite di illustri abruzzesi (Mazarino, Spaventa, Chiarini, De Meis, la Milli) e no (Manzoni, Freud e Groddeck) vengono rivisitati secondo un principio di verosimiglianza arricchente il referto biografico. Non paradossalmente, visto che nello shakespeariano buio fondale dove scruta l’autore quelle figure un tempo vive, quelle anime, continuano a fluttuare, lacanianamente, grazie alla logica propria dei sogni – il linguaggio.
La ricca esperienza della scena teatrale – dove la parola è viva, è in atto più che nella vita – ha donato a Ciocca una competenza stilistica di tutto rispetto, che del letterario ha gli innumerevoli vantaggi tranne l’auto-referenzialità. Al contrario questa fine meditazione sullo scambio epistolare accentua il valore urgente di una prosa contemporanea come autentico specchio, come “riflessione” sopravanzante la cronaca. Laddove lo scrittore commerciale italiano di turno fallisce nella pretesa di far fronte all’oggetto, scimmiottando la televisione – la retorica, la scrittura di taglio, obliqua, di Ciocca – intellettuale libero – mette a fuoco quel mistero del reale a cui tanti bravi critici letterari odierni evitano di pensare – anche perché non sanno pensare.
Nella fantasia del passato la stessa ironia aleggia in un’accezione non consueta – non è denigrante – è mera irruzione della parola. Dalle cipolle fresche offerte da Greuze alle modelle per realizzare quadri lacrimosi – al fatale inciampo della Milli nel salotto di casa Maffei – al piccione viaggiatore preposto a una triste incombenza a causa della seconda moglie di Manzoni – la verosimiglianza degli spettri di Ciocca dà corpo a uno scalpore scenico che è una vera benedizione per il povero lettore, davvero “consumato” dalla  mostruosa quantità della ridicola letteratura di consumo di oggi.

Marco Tornar





Sabatino Ciocca
STORIE DI LETTERE
Alla scoperta di carte e carteggi più o meno celebri
Cabaret letterario
Edizioni Solfanelli
Chieti 2011
p. 168 - € 12,00
[978-88-7497-734-5]


martedì 1 maggio 2012

Recensione: OCCHI DI RAGAZZO di Emanuele Aurelio

Libro promettente, questo di Emanuele Aurelio. L’impostazione è implicita nel titolo, Occhi di ragazzo: è lo sguardo attento di un giovane che cerca, e a volte trova, consonanze tra se stesso e il mondo esterno. La prima poesia della raccolta, Si è, è già una dichiarazione di poetica, il tentativo di costruire una propria consapevole forma espressiva.
In Nuvole c’è un uso maturo dell’anastrofe, tecnica frequente nei versi di Aurelio, e non mancano interessanti rimandi linguistici, con molta attenzione al suono e alla musicalità del verso. Si perdona qualche incertezza tecnica e a volte è troppo presente l’eco delle proprie letture, cosa del resto inevitabile in un autore così giovane.
Si farebbe però torto all’autore se non si sottolineasse qualche alternanza di stile, qualche forzatura metrica, un uso ripetuto del “ti” e del “ci” (“ti guarda”, “ti porta”...), del tutto sconsigliabile. Qualche finale è rigidamente prosastico (ma nei nostri cuori / sempre sopra starà), appare pleonastico l’ultimo verso di Non andare ed è decisamente ingenuo quel “grazie di esistere” che conclude Non andare. Tutto ciò non mina in alcun modo la potenzialità del poeta, che anzi più facilmente può attuarsi se si confronta con note e osservazioni che nulla tolgono alla validità di fondo di questo esordio.
Vi sono attacchi molto felici, poesie strutturalmente ben poste, momenti efficaci, come in Avarizia (Retta via / per arida acqua / Fumosa scia / per incolmabile disio /Cacciatrice malia / di persone vuote), La Vita (Assisto / stupefatto / al germogliare di una rosa. / Partecipo / instancabile / alla realizzazione di un’utopia), E se.. (un ottimo incipit: E se la vita fosse solo il sogno di qualcuno …), Il mondo gira (E se l’uomo fosse solo un’azione / se l’uomo fosse davvero un agire … , Alla mia professoressa di lettere (Chi arde / non lascia un terreno umido. / Chi è impegnato non sperpera il tempo. / Chi è fervido / non aspetta la grazia divina. / Chi sa fare / può fare. / Ma chi arde troppo rimarrà per un tempo infinito / attonito e stanco. / Scusi le parole beffarde / ma non sono condannatrici / sono consigliere.), Alla mia prof di Arte. In questi testi la raccolta prende vigore, il linguaggio è maturo, lo stile più personale.

Non ci sembra felice la scelta di inserire delle poesie in inglese, ma è una menda perdonabile nel libro d’esordio di un diciannovenne di talento. Lo aspettiamo con fiducia a una prossima prova.

Giancarlo Giuliani





Emanuele Aurelio
Occhi di ragazzo
Calabria Letteraria Editrice 2009
ISBN 9788875741853