sabato 29 settembre 2012

Recensione: VIAGGIO IN ABRUZZO CON GIORGIO MANGANELLI di Pino Coscetta (Edizioni Solfanelli)

Appena pubblicato dalla casa editrice Solfanelli, il libro scritto da Pino Coscetta, Viaggio in Abruzzo con Giorgio Manganelli, è un libro doppiamente interessante: ci racconta infatti il viaggio che Giorgio Manganelli fece in Abruzzo nel 1987 per conto della redazione de “Il Messaggero”, da cui nacquero poi splendidi e fulminanti articoli. Pino Coscetta, che appunto accompagnò Manganelli nel tour abruzzese, giornalista anche lui e scrittore, ci permette di vedere la parte del viaggio che in genere non viene raccontata: i preparativi, le difficoltà, gli spunti, le deviazioni, gli incontri, le parole scambiate magari davanti a una buona o pessima cena..o cogliere persino i silenzi.

La letteratura di viaggio ha già di per sé un fascino ineludibile: ma qui siamo proprio dietro le quinte del viaggio. E’ un libro quindi prezioso anche perché contiene una postfazione della sorella di Manganelli, Lietta di cui riporto un piccolo brano: «Ci piace immaginare, la sera, in albergo, Manganelli e Coscetta che, ognuno nella propria stanza, cercano di mettere insieme le immagini e i ricordi della giornata appena trascorsa, uno per trasformare quelle immagini e quei ricordi in fulminanti scritti, l’altro per fissarli nel cuore e nella memoria.» Lietta Manganelli ha dischiuso, con poche parole, il cuore del libro. Quello che leggerete è il diario di un diario, un viaggio accanto ad un altro viaggio. Attraverso i capitoli del libro possiamo ricostruire tutto l’itinerario: Pescina e la valle del Giovenco, Pescasseroli ed il parco, Cocullo Scanno Pacentro e Sulmona, Pescara, Teramo, Atri e Castelli, Chieti e Lanciano, L’Aquila, gli eremi, Corfinio, il Gran Sasso. Un libro nato da una amicizia “durata poco più di tre anni”, e interrotta dalla morte di Manganelli nel 1990.

Ogni pagina ci svela un particolare in più, un dettaglio dell’amicizia tra i due: la ragione di una dedica, un’affermazione, un pensiero comune, una riflessione. Scrive ancora Coscetta: «questo volume ( frutto di pochi appunti e di tanti ricordi), in ogni capitolo ripropone, inseriti nel testo, brevi illuminanti stralci tratti dal dattiloscritto originale che Giorgio Manganelli mi regalò, prima di consegnare al direttore i nove capitoli sul viaggio inchiesta…» Quei nove capitoli sono attualmente contenuti nel libro postumo di Manganelli, La favola pitagorica, edito da Adelphi.

Il primo incontro con l’Abruzzo è quello con Silone, scrittore tra scrittori; l’ultimo è con il Gran sasso, il re della montagna abruzzese , “l’aria d’Abruzzo”. Puntuale itinerario attraverso cui si snoda l’Abruzzo montano e marino, le strade secondarie e le autostrade, le caratteristiche architettoniche o l’acquisto di un oggetto: momenti sorretti da un racconto mai oleografico, che non cede ai luoghi comuni.

Vorrei però soffermarmi in particolare su un capitolo del libro che contiene una promessa : «Da domani conoscerai l’Abruzzo più abruzzese che c’è – dico a Giorgio che seduto davanti alla mia scrivania, insolitamente prende appunti – L’Aquila è una città davvero particolare e per capirla dovremo passare attraverso i suoi cortili.» Oltre ai cortili passano , nelle pagine del libro,il forte spagnolo o Castello, la Fontana luminosa, l’Hotel castello, Piazza Battaglione degli Alpini, la Società aquilana dei concerti, la Fontana delle 99 cannelle, i Quattro cantoni, il bar Centrale e Piazza Palazzo, la cena succulenta al ristorante Ernesto, il Duomo di san Bernardino e la basilica di Collemaggio, il ristorante le Tre Marie, Buccio di Ranallo… Lapidarie, struggenti, delicatissime le impressioni della visita alla città: «mole astratta, levigata, di dura geometria, forte di enormi sproni, il Castello»; «L’Aquila città sommamente musicante»; «a respirare quest’aria montana, a camminare per queste strade dal selciato difficile e da duro pendìo»; «oso dire che riporta ai miei occhi il ricordo di talune fontane dell’oriente islamico, sia di Granada che di Lahore. L’acqua che disegna, che costruisce. Molto orientale.»

Questa topografia, è oggi , per noi, topografia della memoria. Nomi e luoghi oggi pieni di silenzio. L’Aquila è purtroppo una città sospesa, in attesa di tornare ad essere quello che era: e che Manganelli vide, grazie anche alla sapiente guida di Coscetta, in tutti i suoi particolari, anche quelli meno turistici. Scrive ancora Coscetta: «Voltate le spalle alla città che lo ha incantato, con Giorgio, ci avviammo verso un altro Abruzzo. Ma oggi, a 26 anni di distanza, e a tre anni dal terribile terremoto, non riesco a dimenticare l’amorevole attenzione che le dedicò in quei giorni e che riversò, poi, nella puntata dedicata alla città.» Lo stesso Coscetta rivolge un appello agli aquilani di oggi, perché senza quel centro storico «la città sarebbe destinata fatalmente a morire o nel peggiore dei casi a sopravvivere, mutilata svilita e svuotata.»

L’Aquila, la “città polifonica”, così la definì Manganelli per le infinite stratificazioni che si susseguono e si sono composte nel tempo, da quelle romaniche fino a quelle delle città contemporanea, aspetta ancora, nel suo centro storico, di essere ricostruita. Con cura, con attenzione e con sapienza.

«La città antica – scrive Manganelli, – nodo impossibile a sciogliersi di vicoli e strade, è fedele ad una immagine di sé, ferrugginosa, memore di assedi e guerre.»

In questo ultimo assedio, la città ha rischiato di scomparire.

Ma come scrive Paolo Rumiz, un altro inesausto, meraviglioso scrittore-viaggiatore, «finché esistono i nomi esistono i luoghi.» Ed è con questa certezza che continuiamo a sentire attuale il viaggio in Abruzzo di Manganelli del 1987, interessante e prezioso il racconto che ce ne ha fatto Pino Coscetta, in una specie di staffetta emotiva ed amicale che ci coinvolge profondamente.

Patrizia Tocci 

venerdì 14 settembre 2012

Recensione: AZZURRI DI MARE E VELE ERRABONDE a cura di Lucio D'Arcangelo (Edizioni Solfanelli)


“Breve antologia della narrativa pescarese (1887-1987)” recita il sottotitolo di questo volume curato da Lucio D’Arcangelo. Le date di riferimento indicano il lasso di tempo che va dalla pubblicazione del romanzo storico La tentazione del Pescara di Conrad Ferdinand Meyer, uno dei grandi narratori in lingua tedesca dell’Ottocento [sul quale — ed è pura coincidenza — cfr. il saggio redatto da chi scrive, pubblicato su questo stesso numero di “Abruzzo Letterario”], alla raccolta di racconti Via del Procacciolo di Aldo Grossi.
 Un secolo di storia e di letteratura, durante il quale la città di Pescara si è evoluta da borgo di pescatori a moderna piccola metropoli — da “città western, nata su un tronco di ferrovia”, come la descrisse Guido Piovene negli anni Cinquanta, a “piccola Dallas”, come pure è stata definita da qualcuno.
Un secolo che ha visto ovviamente la presenza delle due grandi figure di riferimento della letteratura “pescarese”: D’Annunzio e Flaiano, anche se quest’ultimo — come ricorda D’Arcangelo nella Presentazione del volume — nelle sue opere parlò espressamente di Pescara solo in un caso: nell’annotazione “Traccia di autobiografia”, inclusa appunto in quest’antologia (forse dovrebbero ricordarsene coloro che in tutti questi anni hanno fondato un business culturale sulla presunta “pescaresità” del “povero Flaiano”, come spesso amano definirlo). Pescara è in realtà citata (ma solo citata) anche in un progetto incompiuto di Flaiano, un racconto sulla vita del “Messia d’Abruzzo” don Oreste De Amicis, ambientato nell’entroterra pescarese e teatino dell’Ottocento (ora incluso in Autobiografia del Blu di Prussia, Adelphi, Milano, 2003); semmai il ricordo della dimensione di vita provinciale emerge, nell’autore, nelle collaborazioni cinematografiche, a partire dalle sceneggiature per Fellini.
Di Gabriele D’Annunzio viene inclusa in questo libro “La Contessa d’Amalfi”, una delle Novelle della Pescara (pubblicate con questo titolo nel 1902, ma scritte nel ventennio precedente), dall’andamento “cinematografico ante-litteram”, come sottolinea giustamente D’Arcangelo: del resto D’Annunzio avrebbe nel 1913 collaborato alla realizzazione di uno dei capolavori della storia del cinema — Cabiria di Giovanni Pastrone —, ed è interessante che da un’altra delle Novelle della Pescara, “La morte del Duca d’Ofena” , pure sarebbe stato tratto un film nel 1916.
Un po’ a pendant del racconto dannunziano, segue “La ghirlanda” di Vincenzo Bucci (1903), una rarità pubblicata originalmente su “L’Illustrazione Abruzzese”, poi edita in volume nel 1920. Sono evidenti i legami con le Novelle dannunziane (anche proprio con “La Contessa d’Amalfi”, per certi aspetti), e il Bucci — di cui non si conoscono altri racconti — si presenta come uno tra i primi autori che avrebbero coniugato il nascente “dannunzianesimo” al retaggio un po’ kitsch del feuilleton che ebbe come elementi di spicco scrittori quali Carolina Invernizio (mi permetto anche di chiosare che il Bucci cade in uno svarione clamoroso attribuendo una famosa aria mozartiana de Le Nozze di Figaro al Don Giovanni, fraintendendone peraltro il significato: cfr. pp. 61 e 77).
Più interessante il recupero di un grazioso racconto di Luigi Antonelli, autore legato a Pescara anche se nativo di Castilenti: “La piccola sirena”, scritto con uno stile un po’ da “realismo magico” collegabile alle sue più famose opere teatrali. Bisogna dire che — per quanto schiacciato, in ambito “pescarese”, dalle figure di D’Annunzio e Flaiano — Antonelli è un autore che andrebbe sicuramente approfondito, ricordando anche che la sua commedia L’uomo che incontrò se stesso (1919) fu uno dei capolavori del cosiddetto “teatro grottesco” che nei primi decenni del Novecento tentò un rinnovamento della scena “borghese”, ormai dominata da un realismo un po’ stantio. Lo stesso Luigi Pirandello, nel 1934, avrebbe curato la regia di un’altra commedia di Antonelli: Il Maestro.

Sandro Naglia


Lucio D’Arcangelo (a cura)
AZZURRI DI MARE
E VELE ERRABONDE
Solfanelli, 2012
pp. 136 - Euro 12,00

martedì 4 settembre 2012

Presentazione della Rivista (Chieti, sabato 8 settembre, ore 18:00)

CHIETI MOSTRA LIBRI
II EDIZIONE
6-9 Settembre 2012
Chieti, Palazzo De’ Mayo in Corso Marrucino
ore 17.30 – 21.00

sabato 8 settembre ore 18.00

Presentazione della rivista

Abruzzo letterario

con Marco Tornar, Grazia Di Lisio e l'editore Marco Solfanelli

lunedì 3 settembre 2012

Recensione: IL RISVEGLIO DEL FUOCO di Chiara Cilli (Edizioni Tabula fati)

L'eterna lotta del bene contro il male (che alla fine irrimediabilmente soccombe) è stata ormai raccontata in ogni sua sfumatura, con ogni fantasiosa tecnica narrativa.
È, quindi, con particolare piacere che ci si lascia sorprendere dall'esordio letterario di una giovane scrittrice, Chiara Cilli, che con capacità e destrezza è riuscita a dar vita a un mondo, a una storia, affascinante e di piacevole impatto.
Con la semplicità di uno stile lineare e abilmente descrittivo, l'autrice riesce ad attrarre il lettore, in un crescendo di emozioni che non si attenuano con il trascorrere delle pagine.
Morwen, la protagonista, è la principessa degli inferi. Appare agli occhi del lettore in tutta la sua sfrontata irriverenza. È forte, è bella, è irresistibile. È affascinante!
Ma non è il fascino l’unica attrazione di Morwen. In essa il “male” (inteso come cattiveria fine a sé stessa) assume una dimensione sinora sconosciuta, quasi redimibile e contraddittoria. Ma non sono le contraddizioni quelle che affascinano di più?
Il male assoluto non può essere redento per definizione, ma su questo l’autrice non sembra avere le idee del tutto chiare. O forse è solo un ulteriore – il peggiore! – inganno, creato ad arte da una narratrice sapiente.
Ecco quindi che gli scenari cambiamo, diventano al tempo stesso più netti e più sfuocati. Nulla è come sembra e la fusione di forze opposte crea una tensione che diventa e resta palpabile sino all’ultima pagina.
La forza della Cilli sta nel discostarsi dal fantasy tradizionale. Non tanto (o non solo) per il diverso rapporto di forza tra bene e male (concetto che da solo meriterebbe notevoli approfondimenti), quanto per lo spazio che l’autrice dedica all’amore e alla storia tra i protagonisti. Ma ad affascinare (ancora questo verbo!) è l’intensità del fio narrante, il crescendo graduale che improvvisamente esplode in tutta la sua potenza. Una storia che appassiona per la sua freschezza, per il costrutto narrativo che la giovanissima autrice riesce a realizzare.
Il primo libro di una saga che terrà il lettore con il fiato sospeso, alla ricerca di una verità che è figlia del tempo.

Arturo Bernava


Chiara Cilli
IL RISVEGLIO DEL FUOCO
Edizioni Tabula fati
[ISBN-978-88-7475-246-1]
Pagg. 272 - € 18,00

http//www.edizionitabulafati.it/ilrisvegliodelfuoco.htm